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domenica 26 dicembre 2010

MILANO DUE DESCRIZIONE DI Un luogo (un «non luogo», diremmo oggi) tristissimo. UN REPORTAGE IMPIETOSO DI FINI

  SENZ'ANIMA?…...ED OGGI?

MILANO DUE: ALL’ALBA DI UN NUOVO MONDO

Questa raccolta di Massimo Fini si apre con un articolo che, da solo, vale il prezzo del libro. Siamo all’alba degli anni Ottanta e Fini, a quel tempo inviato del «Giorno», firma un reportage su Milano Due, diecimila residenti, il nuovo quartiere satellite edificato, a partire dal 1970, da un imprenditore rampante, tale Silvio Berlusconi. I dépliant lo decantano come un borgo modello, a misura d’uomo, pieno di verde, dove i bambini possono giocare in strada senza il timore di brutti incontri. In realtà, è soltanto un quartiere dormitorio, atomizzato e privo di vita sociale. Chi vi abita esce al mattino presto, per andare a lavorare a Milano, e vi ritorna quando è già buio. Un luogo (un «non luogo», diremmo oggi) tristissimo.
Tutto, a Milano Due, è talmente perfetto e razionalizzato da sembrare finto, come in quei plastici realizzati dai costruttori edili per smerciare meglio il loro prodotto virtuale. Le boutique di lusso, i parrucchieri e i bar, sempre deserti, i pini e le betulle, gli ampi manti erbosi, i campi da tennis e quelli da calcio, il laghetto con i cigni, le aiuole fiorite e i vialetti coperti di ghiaia. Non esistono edicole o librerie, ma soltanto due cartolibrerie, che vendono qualche quotidiano, mentre i pochi libri ingialliscono in un angolo dove nessuno posa gli occhi. Le case sono attrezzate con biblioteche minuscole, se raffrontate allo status economico dei proprietari, ove primeggiano soprattutto le enciclopedie e quei volumi soprammobile «molto ben rilegati, ma dal contenuto inesistente». Nessuno organizza attività culturali (teatro, musica, incontri), a Milano Due, e nessuno, ovviamente, parla mai di politica. I suoi residenti sembrano nutrire un solo interesse, il denaro, proprio e altrui: «Ho sentito parlare più di denaro qui che a Gratosoglio dove non ce n’è. Lo status symbol e l’emulazione sono eletti a regola di vita».
I giovani, racconta un professore, sono arroganti e presuntuosi: «Credono di essere chi sa che, di poter sempre pretendere e che tutti debbano essere sempre al loro servizio». Del resto, sono nati e vissuti soltanto in questo quartiere chiuso, serviti e riveriti dai genitori, e il mondo esterno lo conoscono esclusivamente attraverso la televisione. «Per loro tutto è dovuto», aggiunge un barista, «e tutto si compra col denaro. E se qualcuno strappa una piantina e gli fa un’osservazione, risponde: paga papà».
E la spiritualità? C’è una chiesa a Milano 2. All’inizio era una piccola cappella. Vista da fuori, con la sua porta a vetri, sembrava un negozio. All’interno, l’impiantito era occupato da una trentina di sedie trasparenti in plexiglas, allineate davanti ad un tavolino. Nel corridoio fra le sedie spiccava un carrello a tre piani, simile a quello che utilizzano i camerieri per servire i liquori: «Non so da che cosa mi resi conto, forse da un crocifisso, che quella era una chiesa». Qualche anno più tardi, quella cappella è stata sostituita da un imponente monoblocco di cemento, algido, avveniristico, aggressivo: «Premo un pulsante. La porta si apre su un’ampia stanza arredata con mobili tipo ufficio. Un perfetto esemplare di manager mi viene incontro. È un uomo alto e magro, in un completo grigio molto elegante, i capelli bianchi pettinati con cura all’indietro, i gesti misurati e precisi, l’atteggiamento freddo, gelido direi. È don Ruggero, parrocco di Milano Due».
Neppure la morte ha mai violato la ‘tranquillità’ di questo ghetto dorato. Nessuno, nella storia di Milano Due, ha assistito ad un funerale. Spiega il direttore dello Sporting (un costosissimo club sportivo privato), cui è morto di recente il suocero: «Si porta la salma in chiesa in fretta e di nascosto. Il prete fa la sua funzione, con tutti i crismi. Poi si va direttamente al cimitero di Segrate, senza corteo. Qui non ci sono le strutture, la bara deve uscire da certe porticine laterali perché la chiesa non ha un’entrata centrale. Un funerale sarebbe imbarazzante».
Avesse vergato in vita sua soltanto quest’articolo dolente ed escatologico, Massimo Fini meriterebbe lo stesso d’entrare nel pantheon del giornalismo italiano del Novecento.
(post di Raffaele Liucci)

Massimo Fini, Senz'anima. Italia 1980-2010, Milano, Chiarelettere, 2010.
 
 
 
 
 
   DA: http://www.ilvoltapagine.com/2010/12/milano-due-allalba-di-un-mondo-nuovo.html

3 commenti:

Maurizio G. ha detto...

Chi ha scritto queste parole e ancora peggio chi le riporta come si trattasse di un saggio di filosofia dimostra solo ignoranza e invidia.
Io ci sono cresciuto in questo quartiere e con orgoglio dico solo che l'invidia è un sentimento che divora chi lo nutre.

Anonimo ha detto...

Caro amico
ti chiedo scusa due volte,
1) la prima è per non aver messo ancora più in evidenza quanto ti riporto ((quello che non deve mancare è il rispetto e l'educazione))
Forse è per colpa mia, ma il tuo commeto non tiene conto della mia inderogabile richiesta e me ne spiace-

2) la seconda colpa mia, e me ne scuso,
è non aver esplicitato meglio il perche ho deciso di riportare questo post sul libro.

L'intento era di sfruttare la provocazione dell'articolo, per aprire una riflessione sulle aspettative che Quartieri come il Villaggio, San felice, o Milano2, proponevano a tutti noi 40 anni fà.
Se sono state disattese, se il tempo ha modificato in meglio o in peggio quelle aspettative.
la trasformazione intervenute nei quartieri, Quali prospettive nel mantenere vivo quello che in quei quartieri ci ha attirato.

Sarei uno stupido, se pensassi che tutte le persone che vi vivono sono quelle che vengono descritte, certo persone del genere vi sono li, come in qualsiasai parte del mondo.

Sono certo, Per esperienza trentennale personale,che vi vivono persone meravigliose, piene di cuore, dedide ad atti di soledarietà,impegnate nel sociale come nella vita dell'intera comunità.
Sarei uno stupido a vivere 24 ore al giorno dall'82, in uno di questi quartieri.

Quello che però noto, e che tutti i quartieri stanno via via svuotandosi di negozi ezzenziali e di vitalità.

Che la vita sociale come della comunità, non è più di quella di quando vi sono arrivato.

Che venirici, è stata una scelta legata alla ricerca di tranquillità, di un ambiente dove poter far crescere al meglio i figli.
Di un contesto non troppo lontano dalla metropoli, ma che non avesse il caos e le automobili della metropoli.

Ora caro amico, allo stato attuale mi sembra che nel tempo queste aspettative ricercate( e trovate)non siano state salvaguardate.
Per il futuro che ci viene prospettato, con il PGT (50.000 Abitanti), La TEM, LA Brebemi, Il centro Commerciale, Lo sviluppo Dell'intermodale, L'eliminazione del golfo agricolo,lo sviluppo dell'idroscalo e per ultimo l'EXPO, dove saremo il secondo polo,le cose peggioreranno pesantemente ed irrimediabimente.

Tutto cio non mi rassicura, e mettono ancor più in pericolo quei pochi residui di Tranquillità e vivibilità che cercavo e che vorrei mantenere.
Ho paura invece che con tutto questo entro pochi anni ci ritroveremo ad essere inglobati nella metropoli, ritrovandoci nella condizione di eseere la Lambrate del futuro.

Scusami ma per rispetto dell'educazione, dovrei cancellare il tuo commento, Sarei veramente felice se tu volessi scriverne un altro, ed aprire una discussione seria e costruttiva sulle prosprettive future,sulla possibilità o meno di salvaguardare al meglio quello che credo anche tu come me cerchi e cercavi
Viste che a molti non "conviene" fare convegni seri su questi argomenti e sulle aspettative, mi piacerebbe aprire un forum serio di discussion e confronto,
Per questo ti invito a scrivere un nuovo post e Ti ringrazio in anticipo
Segrate Felice

Anonimo ha detto...

se mlano due si svuota di tutta la gente che ogni giorno viene a rovivarla e' solo una cosa gradita. la genta calpesta l'erba parcheggia in modo selvaggio usa l'erba come cestini all'aperto. questo e' insopportabile,fosse per me rimetterei i cancelli!